Cura delle malocclusioni: ortodonzia e chirurgia maxillo-facciale

17 Settembre 2018
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Alcune malocclusioni sono dovute non solo ad un disallineamento dei denti, ma anche ad un’alterazione della posizione e/o della forma delle ossa mascellari in cui alloggiano i denti stessi (mandibola e mascellare superiore), e per questo sono definite “dento-scheletriche’’.

Sono perlopiù determinate da uno sviluppo disarmonico dello scheletro facciale per cause genetiche, alterazioni intrinseche dei meccanismi della crescita ossea, abitudini viziate prolungate come la respirazione orale e la deglutizione atipica, traumi.

Queste malocclusioni possono provocare anomalie della masticazione e di conseguenza essere parte in causa nell’insorgenza di disturbi e dolori a carico della mandibola e delle articolazioni temporo-mandibolari, nonché di cefalea. Possono inoltre alterare la respirazione, la deglutizione e la fonazione, in un complesso rapporto di causa/effetto.

Infine, molto spesso, comportano una compromissione sia del sorriso, che dell’estetica facciale, in modo particolare del profilo, tanto da essere definite anche “dismorfie facciali’’ e da poter incidere negativamente sul grado di autostima e sulla sfera relazionale.

In molti casi per la correzione ottimale di una malocclusione dento-scheletrica in un paziente adulto (che ha cioè ultimato i processi di crescita scheletrica), la sola ortodonzia non è sufficiente, ma si deve ricorrere anche ad un intervento di chirurgia maxillo-facciale. Il trattamento combinato che ne scaturisce è definito ‘’ ortodontico-chirurgico’’: l’ortodonzia correggerà la posizione dei denti, mentre alla chirurgia correggerà le ossa mascellari.

Il trattamento ortodontico-chirurgico

Possiamo quindi definire il trattamento ortodontico-chirurgico come la terapia più appropriata quando un paziente adulto, per motivi estetici e/o funzionali, decide di correggere una malocclusione dento-scheletrica severa.

E’ un trattamento cosiddetto ‘’multidisciplinare’’ in quanto coinvolge due discipline diverse: l’ortodonzia e la chirurgia maxillo-facciale, o meglio una branca specifica di quest’ultima, la chirurgia ortognatica.

Per questo motivo è necessaria la piena collaborazione tra l’ortodontista ed il chirurgo maxillo-facciale: entrambi devono concorrere alla diagnosi ed alla formulazione del percorso terapeutico, condividendone gli obiettivi e coinvolgendo il paziente.

Quali sono le situazioni in cui si potrebbe trarre beneficio da un trattamento ortodontico-chirurgico?

Innanzitutto le asimmetrie del viso, poi il prognatismo mandibolare con il relativo morso inverso (terza classe), i denti superiori molto sporgenti associati al mento sfuggente (seconda classe), il morso aperto (le due arcate dentarie non si toccano tra di loro) che determina un eccessivo allungamento del viso e pregiudica il sigillo delle labbra; oppure situazioni che penalizzano sensibilmente il sorriso quali il sorriso gengivale, vale a dire un’eccessiva esposizione della gengiva o, all’opposto, il sorriso coperto, cioè la scarsa o assente visibilità dei denti dell’arcata superiore.Anche alcune forme di apnee notturne e di russamento possono trarre giovamento da un trattamento ortodontico-chirurgico.

In tutti questi casi si può ottenere un miglioramento sia funzionale sia estetico incidendo positivamente sul livello di benessere psico-fisico. In particolare il corretto riposizionamento dei denti e delle ossa mascellari porterà ad un miglioramento della masticazione in primis, ma anche della respirazione, della deglutizione e del linguaggio. Dal punto di vista psicologico miglioreranno il grado di autostima e la qualità delle relazioni interpersonali.

Come si svolge e quanto dura un trattamento ortodontico-chirurgico?

Nella maggioranza dei casi un trattamento ortodontico-chirurgico si svolge in 3 fasi. La prima fase è definita ortodonzia prechirurgica e dura, a seconda della complessità del caso, da 6 a 18 mesi. E’ svolta dall’ortodontista, che dopo avere concordato il percorso terapeutico con il chirurgo e con il paziente, ha il compito di allineare i denti e di dare una forma corretta alle due arcate dentali.

Può essere effettuata o con l’apparecchio ortodontico fisso, applicato alla superfice esterna dei denti (apparecchio vestibolare) o alla superfice interna (apparecchio linguale), o con allineatori trasparenti. L’apparecchio deve essere mantenuto per tutta la durata del trattamento ortodontico-chirurgico. In questa fase si può verificare un peggioramento della malocclusione e del profilo.

La seconda fase è rappresentata dall’intervento chirurgico effettuato dal chirurgo maxillo-facciale al termine dell’ortodonzia prechirurgica. Durante l’intervento, detto di chirurgia ortognatica, il chirurgo riposiziona correttamente una o entrambe le ossa mascellari (mandibola e mascellare superiore) determinando il raggiungimento di una buona occlusione dentaria e di un’equilibrata estetica facciale.

A questo punto rientra in gioco l’ortodontista che può iniziare, di solito un mese dopo l’intervento chirurgico, la terza ed ultima fase del trattamento, definita ortodonzia postchirurgica, che ha lo scopo di perfezionare i rapporti occlusali tra le due arcate dentali e che ha una durata media di circa 6 mesi. L’intero trattamento ortodontico-chirurgico ha quindi una durata complessiva variabile da 12 a 24 mesi.

Surgery First

Negli ultimi tempi si sta affermando un nuovo approccio al trattamento ortodontico-chirurgico, chiamato ‘’Surgery First”, in cui per prima cosa viene effettuato l’intervento chirurgico e poi l’ortodonzia.

Questa metodica è resa possibile dall’evoluzione tecnologica che oggi, grazie alle nuove tecnologie digitali 3D, permette una programmazione più accurata e precisa di tutto il trattamento, sia della parte ortodontica, che di quella chirurgica.

La ‘’Surgery First’’ rispetto all’approccio tradizionale ha un duplice vantaggio per il paziente: da una parte evita il peggioramento della malocclusione e del profilo che spesso caratterizza la fase di ortodonzia prechirurgica, dall’ altra accorcia di circa 6 mesi la durata totale del trattamento. Non è però ancora applicabile a tutti i tipi di malocclusioni.

Cosa comporta l’intervento chirurgico?

L’intervento chirurgico viene eseguito nel reparto operatorio di un ospedale o di una clinica, in anestesia generale, dura 2-3 ore, e richiede una degenza di 2-3 giorni. Tecnicamente si opera all’interno della bocca, per cui non comporta cicatrici sul viso. Le strutture ossee mobilizzate vengono fissate nella nuova posizione per mezzo di viti o placche in titanio. Dopo l’intervento le due arcate dentali vengono solidarizzate tra loro per mezzo di elastici, per garantire la stabilità nel primo periodo e permettere l’adattamento dei muscoli alla nuova posizione delle ossa mascellari e dei denti.

Talvolta, sempre per favorire la stabilità, tra le arcate viene lasciato un dispositivo in resina simile ad un bite denominato splint chirurgico. L’uso degli elastici e dello splint chirurgico di solito si protrae per un mese, ma entrambi possono essere rimossi dal paziente stesso per mangiare e per le quotidiane procedure di igiene orale, e poi riapplicati.

Il dolore postoperatorio è controllato bene dalla terapia farmacologica di supporto, mentre bisogna prevedere un certo grado di gonfiore del viso, che poi va esaurendosi in 3-4 settimane.

Per quello che riguarda la dieta, nei primi giorni si riescono ad assumere solo liquidi o cibi frullati, poi mano a mano che procede il processo di guarigione, si può progressivamente aumentare la consistenza degli alimenti. Anche in questo caso nel giro di 3-4 settimane si ritorna ad una dieta normale. Si può perdere qualche chilo di peso, che comunque verrà riacquistato successivamente.

Come tutti gli interventi chirurgici anche un intervento di chirurgia ortognatica non è scevro da rischi e complicanze: spesso si verifica una diminuzione della sensibilità agli stimoli tattili e termici che può interessare aree cutanee del viso, le gengive, i denti, la lingua o le labbra. Tale situazione nella stragrande maggioranza dei casi è transitoria e si risolve nei primi 6 mesi, ma nel 4-5% dei casi può diventare permanente, di solito in piccole aree delle gengive o delle labbra.

Talvolta le placche e le viti utilizzate come mezzi di sintesi possono determinare, anche a distanza di tempo dall’intervento, un processo infiammatorio a carico dell’osso e della mucosa che lo ricopre. Ove si verificasse devono essere rimosse. In qualche caso si può compromettere la vitalità di un dente, che dovrà poi essere devitalizzato.

Anche se nella maggioranza dei casi la chirurgia ortognatica determina un beneficio funzionale, pur tuttavia in una piccola percentuale di soggetti, si possono verificare un peggioramento della funzione delle articolazioni temporo-mandibolari ed una limitazione dei movimenti della mandibola. Una situazione rarissima, ma possibile, riguarda il cambiamento dell’aspetto del viso: quando è particolarmente accentuato potrebbe inizialmente determinare una diversa percezione di sé. In questi casi si può ricorrere al supporto di una terapia psicologica.

Infine potrebbe verificarsi, anche a distanza di tempo, una recidiva, cioè un parziale spostamento delle ossa mascellari e/o dei denti dalla nuova posizione: ove succedesse, si dovrebbe ricorrere ad una nuovo trattamento ortodontico in caso di recidiva lieve, od ad un nuovo trattamento ortodontico-chirurgico in caso di recidiva più marcata.

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